Scegliere il sesso
Fino agli anni ’50 del secolo scorso la parola “genere” era utilizzata esclusivamente in ambito grammaticale; da allora è stata utilizzata anche per indicare le componenti non biologiche della sessualità umana (psicologiche, relazionali, sociali, …), mentre l’utilizzo della parola “sesso” è limitato alle componenti biologiche.
Sesso e genere
Per anni i cosiddetti “gender studies” sono rimasti confinanti in ambito accademico, mentre ora anche la “casalinga di Voghera” è stata costretta a interrogarsi su che cosa sia il “genere” e quale differenza ci sia con il “sesso”. Non c’è nulla di male ad avere strumenti linguistici che permettono di descrivere in modo più raffinato la realtà; però il lemma “genere” utilizzato in questo modo ha come obiettivo non di descrivere la realtà, ma di modificarla, almeno nella percezione delle persone. Infatti, gli ideologi del genere non volevano introdurre semplice distinzione tra aspetti biologici e non della sessualità, bensì una vera e propria separazione: se il sesso biologico è un “dato” da accettare, il genere sarebbe un semplice prodotto della cultura, relativo al luogo e al periodo, e quindi suscettibile di modificare a proprio piacere.
Il “caso pietoso”
Alcune persone possono essere confuse circa la loro identità di genere. Ad esempio, a causa di violenze subite, di malformazioni fisiche o, più frequentemente, a causa di difficili relazioni familiari o con i pari, alcuni ragazzi possono sentirsi inadeguati rispetto al mondo maschile, incapaci di sostenere un ruolo virile che la loro sessualità richiederebbe. Come conseguenza di questo senso di inferiorità, essi si ritirano dal mondo degli uomini , per ripiego, cercano conforto in quello delle donne. Il bisogno di sentirsi capiti, accolti e stimati viene così in loro soddisfatto dalle donne e non, come sarebbe naturale, dagli uomini. A questo punto, com’è ovvio, essi cominciano a pensare di avere più affinità con il mondo femminile – gentile ed accogliente – piuttosto che con quello maschile – rude e severo -, e quindi di avere un animo più femminile che maschile. In poche parole, di essere una donna imprigionata in un corpo maschile.
Per gli ideologi di genere le sofferenze di queste persone sono una vera e propria manna. Vedete?, dicono. Vedete come il sesso e il genere possono essere disordinati? Se esistono persone nelle quali il sesso e il genere divergono, significa che sesso e genere sono separati, che non sono l’uno (il genere) la conseguenza dell’altro (il sesso). Significa anche che non c’è alcun bisogno di considerare un’identità di genere diversa dal sesso come “innaturale”, problematica, patologica; e che quindi non c’è alcun bisogno di tentare di correggere l’identità di genere perché si accordi con il sesso. Anzi: se la persona è a suo agio con un genere femminile, perché non adottare il sesso al genere?
Il desiderio come criterio
Se non esiste una natura, cioè un progetto, perché non utilizzare come criterio il desiderio? Se io mi sento donna e ho un corpo maschile, perché non privilegiare la scelta personale sul dato biologico?
Già negli anni ’50 del secolo scorso il dottor John Money – colui che per primo utilizzò il termine “genere” nel mondo contemporaneo – operava bambini ermafroditi determinandoli non secondo il sesso cromosomico, bensì in base al desiderio dei genitori. Avete un bambino con problemi di ermafrodismo e desiderate una bambina? Non c’è problema: un piccolo ritocco chirurgico e a tempo debito qualche massiccia dose di ormoni e … voilà! Il gioco è fatto!
La notizia è arrivata a metà dello scorso mese di aprile. In Gran Bretagna sarà possibile “bloccare” per un anno la pubertà di bambini indecisi sulla loro identità sessuale. Dodici iniezioni di ormoni, una al mese, impediranno lo sviluppo dei caratteri sessuali fenotipici, come, nei maschietti, la voce profonda, il “pomo d’Adamo”, la peluria, lo sviluppo muscolare… Questo anno di tempo strappato all’orologio biologico permetterà ai bambini di decidere con tutta calma quale genere scegliere.
La responsabilità di scegliere la propria identità sessuale
A questi bambini non sarà risparmiato nulla: oltre al senso di disagio e di inadeguatezza che ha provocato in loro questa confusione di genere, subiranno massicce iniezioni di ormoni (con chissà quali conseguenze) e dovranno assumersi la responsabilità di decidere la propria identità. Una responsabilità inedita, nella storia dell’umanità.
Ma gli ideologi di genere non sono spaventati dal ruolo di apprendisti stregoni: cosa sarà mai il piccolo sacrificio di qualche vita in confronto alla più clamorosa rivoluzione filosofica: la dimostrazione dell’inesistenza di una natura, di un progetto; e quindi di un progettista. A molti verranno in mente gli esperimenti compiuti dai sovietici, o quelli del dottor Mengele ad Auschwitz: la degenerazione che non assolve più al suo compito di descrivere la realtà, ma si propone di modificarla in base all’orgoglio umano. Certo sarebbe molto più facile correggere la distorta percezione di genere di questi bambini: aiutarli, con amorevolezza e pazienza, a scoprire che sono bambini come gli altri, che sono soltanto un po’ timidi, poco avvezzi ai giochi e alle compagnie maschili. Ma come si potrebbe, in questo modo, scardinare l’idea che siano creati maschi e femmine e che abbiamo il compito di diventare uomini e donne? Che sesso e genere sono legati tra loro come la realizzazione di un disegno? Così, dissimulata dietro paroloni e camici bianchi, l’ideologia di genere si fa strada nelle nostre teste, passando sopra le vite di bambini sofferenti ai quali verranno inflitte ulteriori, più crudeli sofferenze.
di Roberto Marchesini
da “Il Timone”, anno XIII – Giugno 2011
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